venerdì 25 aprile 2014

Parrucchiera di periferia

Quella mattina Carmen si svegliò più presto del solito. Una fitta lancinante le infiammava la schiena e mise a dura prova il suo innato buon umore e soprattutto la sua tendenza a sdrammatizzare. Nella penombra della camera da letto le tornarono in mente le parole pronunziate mesi prima dal dr. Hernandez con gli occhialini scivolati sul naso e la lastra che la riguardava fra le mani. “ Va molto male – aveva sentenziato – hai una bella ernia e tre vertebre schiacciate…..” Lei era rimasta in silenzio comprendendo quello che il medico le avrebbe detto. “Amica mia – aveva concluso infatti l’uomo – se continui così finirai su una sedia a rotelle, quindi o dimagrisci o smetti di lavorare!”


 Carmen era una donna pratica, aveva ringraziato il medico per buona educazione ma si era ben guardata dal mettere in pratica i consigli ricevuti. Rinunciare al cibo per una buona forchetta come lei, era fuori discussione e lo stesso valeva per il lavoro. La parruccheria era tutta la sua vita, una creatura che aveva allevato da sola, e in cui profondeva le sue energie. Quella mattina però ebbe la consapevolezza della gravità della situazione in cui si trovava. Era rimasta vedova in giovane età e senza figli, altri parenti non ne aveva. Se davvero fosse divenuta invalida a chi avrebbe potuto rivolgersi? Mentre si contorceva per il dolore prese finalmente quella decisione che fino a quel momento si era rifiutata di prendere e cioè mangiare di meno ma soprattutto cercare qualcuno che la aiutasse al negozio. Infatti provvedeva da sola al taglio e alla pettinatura delle clienti mentre il lavaggio dei capelli era affidato a Chiquita, una meticcia un po’ tonta, che altro non sapeva fare. Carmen trascinò la propria ingombrante persona dal letto al bagno. Si guardò allo specchio e inorridì. Mai si era vista così sciupata. Cercò di rimediare cospargendosi il viso di belletto e profumandosi abbondantemente. Alla fine il risultato la soddisfece anche se aveva assunto le sembianze di una maitresse piuttosto che quelle di una onesta parrucchiera. Così bardata si recò all’agenzia del signor Francisco Gonzales per mettere un annuncio sul giornale. Discussero sul testo da pubblicare e soprattutto contrattarono sul prezzo ma alla fine venne fuori una richiesta sobria ed esauriente al tempo stesso. “Parrucchiera professionista cerca aiuto parrucchiera di provata professionalità. Astenersi personale inesperto”. Passarono lunghe settimane senza che giungesse alcuna risposta. Carmen andava e veniva dall’agenzia. Contrariamente al solito era sempre di pessimo umore. Aveva infatti iniziato una dieta che la affamava ma non le faceva perdere neanche un grammo. Finalmente un giorno Gabriel, il fattorino di Francisco Gonzales, le comunicò che una persona aveva risposto all’annuncio. Se era d’accordo la persona si sarebbe presentata al negozio di parruccheria. “E’ una donna ? – chiese Carmen. “No” – rispose Gabriel. “E’ un uomo?” – chiese ancora Carmen. “No – rispose nuovamente il ragazzo. Carmen perse la pazienza “Si tratta forse di una bestia?”. “No – ripetè Gabriel – è…è …è… una… persona”. Quando il giorno dopo la “persona” si presentò al negozio, Carmen comprese i motivi dell’imbarazzo del fattorino. Pepito, tale il nome dell’aiuto parrucchiere, per quanto indossasse panni maschili, sembrava effettivamente un incrocio tra un uomo e una donna. Era di media statura, paffutello, aveva occhi resi languidi dal kajal e capelli ricci palesemente tinti di biondo. Parlava con voce strana in cui i timbri gutturali si alternavano a improvvisi toni acuti e per finire ancheggiava in modo inequivocabile. Insomma era un tipo originale. Carmen, passato l’iniziale sgomento, decise di assumerlo. Aveva bisogno di aiuto e non poteva certo star lì a fare la schizzinosa. L’importante era che il giovanotto lavorasse bene. E in effetti Pepito si dimostrò davvero efficiente. Mentre Carmen stava in negozio per poche ore, lui acconciava le clienti con pazienza e garbo e, con sfacciati complimenti, solleticava la loro vanità anche quando si trattava di donne brutte, vecchie, calve o pelose. Il lavoro così prosperava, Carmen si riposava e finalmente dimagriva. Insomma sembrava che tutto andasse alla perfezione. Solo una persona si rodeva nell’invidia e nel risentimento. Chiquita la meticcia, nutriva infatti segrete ambizioni e dopo tanti anni di devoto lavoro considerava un vero affronto vedersi scavalcata da quel damerino imbellettato. Decise così, per screditare il collega, di mettere in atto un piano tanto diabolico quanto stupido. Conficcò un grosso spillo dentro il cerone che Pepito soleva usare, così non appena lo avesse steso sul volto si sarebbe inevitabilmente sfregiato. Il guaio fu che quel giorno Pepito non usò il cerone per sé ma gli venne il ghiribizzo di farlo provare a una cliente importante, cioè Donna Mercedes Alicante, niente di meno che la moglie di Don Pedro Alicante, proprietario del più grosso spaccio del quartiere. Figurarsi il trambusto che esplose quando una striscia di sangue deturpò il volto grassoccio della donna. Pepito che scemo non era comprese subito di chi fosse la mano che aveva agito così vilmente. Chiquita, vedendosi scoperta, fuggì dalla parruccheria inseguita dal giovanotto che brandiva in mano un rasoio con la ferma intenzione di raderle a zero la chioma irsuta. Arrancando per il dolore alla schiena, Carmen li inseguiva come poteva. I tre corsero a perdifiato fino al vecchio deposito della ferrovia. Pepito aveva finalmente bloccato Chiquita e afferratala per i capelli tentava di raderli ma nella furia della corsa gli era caduto di mano il rasoio. Carmen, ormai vicina, vide luccicare la lama tra il verde dell’erba. Raccolse allora il rasoio e con l’espressione implacabile di una sacerdotessa pagana lo porse a Pepito prima che Chiquita li sfuggisse di mano. 

Laura Mancuso

3 commenti:

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  2. E brava Carmen: quando ci vuole, ci vuole!
    Il presente brano ribadisce che l'invidia è una brutta bestia, e quando questa viene covata da animi mediocri e cervelli corti come quelli di chiquita non si sa cosa può succedere!
    Brava Laura.
    L.I.

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  3. Sviluppare narrazione attraverso una foto dà via libera alla immaginazione letteraria e il tu pezzo lo dimostra. Quante cose differenti, sentimenti si possono vedere dentro una fotografia. Grande esercizio. Brava Laura!
    Nina

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