venerdì 30 maggio 2014

Morte di Delia Altavilla

 Da tempo, avevo un tarlo che mi rodeva in testa ... diverse frasi si affastellavano nel mio cervello, non dandomi modo di riposare: “Hai già pronto il racconto?”; “Quando puoi mandarmi la versione definitiva?”; “Mi raccomando, però: la voglio in formato “word”, perché sennò non posso apportarvi le mie correzioni!” ...
Uffa questa Delia! Una vera aguzzina!! Non ce la facevo proprio più! Dovevo farla sparire!!
Venne la veglia di un dì di festa. La gente si sarebbe staccata dall'ambiente cittadino, per andare a trascorrere le belle giornate con una gita fuori porta.
Ne approfittai per invitare Delia a visitare la mia campagna. Le telefonai, quindi, e, come esca, le dissi che avevo pronta la versione finale del mio racconto e che mi avrebbe fatto piacere leggergliela in un ambiente bucolico, più consono a quella giornata. Appena sentì le poche parole, che si riferivano al racconto, quasi scattò sull'attenti e, senza perdere nemmeno un secondo rispose, quasi a togliersi il fiato, che non stava nella pelle di sentirlo!


Chiusa che fu la conversazione telefonica, passai immantinente alla preparazione della particolare accoglienza, che le avevo riservato. Andai in campagna ed entrato  in un casolare, dove tenevo interrati nel pavimento dei tini per la fermentazione del vino - vuoti in quel periodo pre-estivo - e, tolto il coperchio a uno di essi, ne dissimulai l'apertura, tirandovi sopra una stuoia di canne. Dopo aver verificato la consistenza del tutto, tolsi quella copertura posticcia e riempii il recipiente con dell'inchiostro di china, che mi ero fatto appositamente spedire in copiosa quantità dal mio amico Anacleto, che serviva nella delegazione diplomatica in quel paese dell'Estremo Oriente. Quando il tino fu pieno per i tre quarti, presi a immergervi dei nuovissimi fogli di carta di Fabriano. Indi, procedetti a riempire d'inchiostro la parte restante dell'enorme contenitore in legno.
Me ne tornai, così, a casa, pregustando la sorpresa che avrebbe accolto Delia il giorno seguente.
Arrivato che fu il mattino tanto atteso, dopo essermi dato un appuntamento con Delia, in un luogo prestabilito, la portai in macchina nella mia campagna. Lungo il percorso le raccontavo di tanti particolari del mio racconto, che mi tiravo fuori dal cervello sul momento, dando sfoggio alla mia inventiva. Lei ascoltava interessata e tutta presa, al pensiero di tenere tra le mani la copia finale del mio componimento.
Giunti a destinazione, le proposi, prima dell'esposizione di quanto avevo scritto, di mostrarle l'orgoglio del mio podere: i miei tini! Entrati nel casolare, le chiesi di continuare ad avanzare, mentre io provvedevo all'apertura delle finestre, per fare entrare luce in quell'ambiente scuro. Delia seguì il mio consiglio.
A un certo punto, sentii un rumore sordo, un “crack”. Le prime parole provenienti da quella direzione furono un semplice “Aiuto!”, seguite a una invocazione nei miei confronti. Io restavo in attesa, per capire come evolveva la situazione. Non sentendo urla, mi avvicinai all'orlo del tino e ... quale stupore, quando vidi una scena del tutto inattesa! Delia sembrava trovarsi a suo agio in quella situazione! Talmente bene si trovava, che a un certo punto, mi sembrò che stesse quasi delirando: “Oh, Marco! Che gioia che mi hai dato!!... Inchiostro! ... Carta!! ... Scrittura!!! ... Letteratura!!!! ... Tutta la vita ho cercato il racconto perfetto ed ora ... lo sono diventata!” E, mentre così parlava, flutti di inchiostro di china le entravamo in bocca, le bagnavano dolcemente i capelli, le penetravano lentamente nelle orecchie ... la carta di Fabriano le serviva da companatico. Così elucubrando, piena di gioia, fu risucchiata sempre più in quell'ammasso scuro e denso, ricco di cellulosa processata, finché di lei non rimase fuori nemmeno un capello.
Rimasi lì, attonito, preso alla sprovvista dalla inattesa reazione di Delia. Avevo contribuito, senza saperlo, ad erigerla ad imperitura opera letteraria vivente!

 Marco Pintacuda

7 commenti:

  1. ognuno ha quel che si merita, bravo Marco!
    ahhahaha
    gd

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  2. Complimenti! Racconto catartico...ahahahah
    Io non ci sono riuscita.
    Nina

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  3. Ahahhah ma che trovata! Complimenti! Il linguaggio utilizzato, abbastanza formale, mi sembra contribuire a rendere il tutto ancora più divertente. Bello quando scrittori (apprendisti e maestri) non si prendono troppo sul serio.

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  4. Immagino che, commentando che il tutto mi sembra un tantino macabro, susciterò qualche alzata di sopracciglia... Vabbè, me ne farò una ragione.
    R.
    P.S. Un paio di cosette che non mi hanno convinto:
    - "non stava nella pelle di sentirlo!" Non sarebbe stato meglio: "moriva dalla voglia di sentirlo"?
    - "dando sfoggio alla mia inventiva." Qui bisogna scegliere: o "dando SFOGO alla mia inventiva" oppure "FACENDO sfoggio DELLA mia inventiva" -- non si scappa.
    - Infine, un uso più parsimonioso/oculato della punteggiatura non guasterebbe.


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  5. Carino e catartico sicuramente.
    L.I.

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  6. Marco hai scritto davvero un bel racconto.nuovo nella sua invenzione..:-)

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